CONOSCERE IL MONDO ARABO Intervista a Enrico Galoppini di Paolo Algisi

Intervista a Enrico Galoppini di Paolo Algisi

(Riproduzione autorizzata da E.
Galoppini)



Sul sito gli articoli della stampa mediorientale tradotti [4 apr
2003]

Aljazira.it, dove gli italiani capiscono l’arabo

Una pagina speciale per vedere il conflitto con altri occhi


Un diverso punto di vista sulla guerra. Il punto di vista di
quel mondo arabo che, salvo sporadiche eccezioni, nella seconda
guerra del Golfo vede anzitutto la sete americana di petrolio;
che sotto le spoglie dell’ipertecnologia militare scorge le
insegne dei crociati; che taccia di neo-imperialismo il piano di
George W. Bush per un nuovo ordine in Medio Oriente. «Ma cosa
dicono davvero gli arabi?». È questa la domanda posta dal sito
aljazira.it, che scegli di rispondere nel modo più diretto,
lasciando parlare gli arabi attraverso una rassegna stampa degli
articoli comparsi su alcune delle più autorevoli testate in
lingua araba. Il tutto in italiano, grazie al lavoro dei
curatori del sito: un gruppo di traduttori, studiosi ed esperti
del mondo arabo-islamico.


«Siamo in sei a lavorare stabilmente al sito - spiega Enrico
Galoppini, uno dei redattori -, più una serie di collaboratori.
Il nostro obiettivo è offrire uno spaccato del mondo arabo e
delle sue sfaccettature, con sezioni dedicate alla cultura, alla
società, allo sport, all’economia, alle curiosità. Al grande
pubblico arrivano solo immagini, mediate, di folle in preghiera
e di Kalashnikov. Noi vogliamo ampliare la visione: anche in
Medio Oriente si tifa per la propria squadra di calcio, si
avverte il problema del carovita, esiste un’economia che non è
fatta solo di petrolio». Così nell’ultimo numero si può leggere,
ad esempio, dell’estensione del diritto di voto alle donne
yemenite, oppure dell’inizio del campionato di pallavolo del
Golfo. «Non siamo un sito islamico - precisa Galoppini -, pur
dedicando attenzione anche alla sfera religiosa, centrale per il
mondo arabo, ma non esclusiva».


L’aggiornamento del sito viene fatto ogni seconda e quarta
domenica del mese. «Siamo in rete da gennaio dell’anno scorso -
sottolinea Galoppini -. Traduciamo mediamente 12 articoli a
numero, nei nostri archivi sono disponibili circa 500 pezzi. Li
scegliamo selezionando tra quelli che riteniamo gli argomenti
più interessanti, cercando di dare spazio a tutte le posizioni».



Ora che è la guerra a catalizzare l’attenzione di tutti, i
curatori di aljazira.it hanno deciso di dedicare una pagina
(«una vera e propria pre-home page», la definisce Galoppini) al
conflitto nel Golfo. Accanto agli articoli, figurano anche le
titolazioni di giornali e agenzie, i video e le immagini di
aljazeera.net, il sito dell’emittente televisiva del Qatar (che
con aljazira.it non c’entra nulla). «Abbiamo deciso di offrire
tutte le immagini della guerra senza alcuna censura, perché
riteniamo sia giusto mostrarne il volto feroce e brutale. Sul
conflitto la stampa araba ha assunto una posizione netta,
considerandola un’aggressione illegittima e solidarizzando con
il popolo iracheno. I distinguo sono pochi, come poco si parla
di Saddam e delle sue malefatte: per gli arabi distinguere
significherebbe concedere agli anglo-americani delle attenuanti
che non meritano. Molto rilievo - prosegue Galoppini - viene
dato anche alle piazze dei paesi arabi. Tra le più calde ci sono
quella egiziana e quella giordana dove, essendo la maggioranza
della popolazione palestinese di prima, seconda o terza
generazione, non si accetta che il paese schieri una batteria
antimissile a difesa di Israele». Il precipitare della crisi
irachena ha favorito la rapida crescita del sito: «Abbiamo
toccato i 40 mila accessi in un solo giorno, anche se qualcuno
avrà cliccato erroneamente alla ricerca di aljazeera.net».


La lingua è al centro dell’attenzione dei curatori del sito:
«Cerchiamo di dare una traduzione letterale, fedele, anche se
non tutte le espressioni lo consentono: un esempio banale è il
termine “jihad”, che erroneamente si insiste nel rendere con
“guerra santa”. In questi casi talvolta ricorriamo alle
virgolette, lasciando il termine arabo e inserendo tra parentesi
una spiegazione del significato. Altre volte le modifiche sono
dovute al gusto per la ripetizione che caratterizza l’arabo e
male si adatta alla nostra sensibilità stilistica».

«Vorrei precisare un’ultima cosa - conclude Galoppini -: non
siamo propugnatori di un filo-arabismo acritico. In occasione
dell’anniversario dell’11 settembre siamo stati contestati da
una persona, per aver pubblicato alcune vignette della stampa
araba relative all’evento. La verità è che se si vuole
illustrare il mondo arabo attraverso i suoi giornali lo si deve
fare senza reticenze, per quello che è, non per come ci
piacerebbe che fosse; ciascuno sarà poi libero di farsi la
propria idea. Non cosa di poco conto».


Paolo Algisi



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