ADOTTA UN CALECC

Ne ho inventata un'altra - Resistere é dura - Perché non adottare, come il resto, un calecc?


Alfredo Mazzoni é un personaggio. Lo
definiremmo "agri-montanaro", perché ha due passioni:
l'agricoltura e la montagna. Non si limita a viversi e
lavorarci, ma ne scrive anche e partecipa alla vita sociale.
Talora si può anche essere in disaccordo con lui, ma che
importa? La cultura non dipende dai titoli di studio o dal ceto
sociale, e Mazzono é uomo di cultura.

Ha diffuso la nota che segue, e la pubblichiamo volentieri, non
senza ricordare questo strano abituro che é il calecc, sorta di
baita senza tetto perché il tetto, calecc, é formato dal tendone
di cui parla avanti Mazzoni. (NdR)

NE HA
INVENTATA UN'ALTRA
Parafrasando il nome
della nota associazione “Avventure nel mondo”, che ti

manda in vacanza in Africa, al Polo Nord, in Nepal o in
Amazzonia, quasi a

tuo rischi e pericolo: prezzi modici, fisico spalestrato e palle
quadre,

sennò vi sconsiglio l’avventura…, ne ho inventata un’altra.

Dell’iniziativa

“Lassù dove nasce il Bitto” organizzato dall’ONAF – delegazione
di Sondrio

(quest’anno andremo in Val Varrone), i partecipanti apprezzano
soprattutto

il “calecc”. Pensate, arrivano da Perugia, dal Veneto, dal
Piemonte, oltre

che per vedere dove nasce uno dei migliori formaggi alpini, per
fotografare

un pezzo di storia che se ne va, inesorabilmente. Perché come
dire, non

riciclare queste ataviche strutture? Non so se un domani, in
qualche museo

delle valli del Bitto, verrà riprodotto paro-paro un calecc a
ricordo della

cultura degli avi (se tutto va bene sarò nonno oltre i sessant’anni…)
il

rischio comunque c’é.


RESISTERE E' DURA


Non dico che stanno facendo come con gli indiani d’

America, però resistere è dura: io stesso, e mi trovo malissimo
nel dover

fare certi discorsi e certe scelte, da anni sono in mezzo al
guado. E mi

chiedo sempre se riuscirò ancora a dormire in un calecc e nel
letto di

sopra, perché il posto del casaro è quello; il cascin sotto.

PERCHE'
NON ADOTTARE, COME IL RESTO, UN CALECC?


Si adottano bimbi, cani, boschi, monumenti, nonni…, perché
dunque non adottare, dunque, un calecc?

Tre dovrebbero essere i protagonisti del contratto:

- l’adottante,

- il gestore dell’alpeggio

- il proprietario.

Molti di noi che hanno dormito in un calecc, ne preferiscono
uno, piuttosto che un altro, per svariati motivi: perché si gode
un bel panorama, perché è riparato dal vento, perché ci ha
smorosato…

Facciamo un’ipotesi di contratto: io adottante, compero il
tendùn, curo la manutenzione dei muri, rifaccio la stanga, tengo
in ordine ‘l fööc, con l’impegno del buon padre di famiglia. In
cambio posso usufruire del calecc per tutto l’anno, per un
periodo ben definito (in accordo e regolare contratto d’affitto
col proprietario) e mi impegno a lasciarlo libero quando i
pastori, passando di lì per mangiare l’erba, lo usano. Per quel
periodo, l’adottante deve procurare, in accordo col gestore, la
legna secca per la lavorazione del latte e lasciare il calecc
coperto col tendùn perfettamente agibile come struttura
d’alpeggio.

Al termine della stagione, l’adottante ha diritto a riporre in
una struttura coperta dell’alpeggio tutto il materiale che ha
usato nel calecc per l’anno successivo, perché se qualcuno
volesse trascorrere le vacanze in ottobre lassù potrebbe farcela
ma, impensabile dopo settembre, dormirci dentro.
Alfredo Mazzoni


GdS - 28 III 02

                          



                                               



                                                

Alfredo Mazzoni
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