Federalisti: più risorse per una difesa comune europea
Da Giuseppe Enrico Brivio - segretario della sezione 'Ezio Vedovelli' Valtellina-Valchiavenna del Movimento federalista europeo e Guido Monti - responsabile del Comitato provinciale per l'Europa di Sondrio
In questi giorni è al centro dell'attenzione generale la richiesta di adesione alla Nato avanzata da Finlandia e Svezia, Paesi appartenenti all'Ue e tradizionalmente neutrali. Va specificato che l'Alleanza atlantica è sorta a scopi puramente difensivi negli anni della guerra fredda fra statunitensi e sovietici, un'epoca che si pensava tramontata e che invece si è purtroppo riproposta sullo scenario internazionale dopo l'aggressione della Russia di Putin alla vicina Ucraina. Ma come si colloca l'Unione europea in tale contesto? Un documento diffuso dal quotidiano spagnolo El Pais rivela che l'Europa non è ancora pronta ad un'ipotesi di guerra aperta contro i russi. Stando a quanto riferisce il giornale madrileno la Commissione europea ha stilato una lunga lista di lacune delle forze armate degli stati dell'Unione, che includono sia le difese aeree che quelle terrestri e navali. Appaiono evidenti i limiti esistenti nella logistica e nella mobilità dei mezzi, le carenze nella rete satellitare e nella sicurezza informatica, per non parlare del vuoto lasciato dalla fornitura delle munizioni alla resistenza ucraina, rimasta senza sostituzione. Di conseguenza la Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen, guarda caso ex ministro tedesco della difesa, ha consigliato ai governi dei 27 Paesi aderenti di provvedere rapidamente a un rafforzamento dei loro eserciti. Un riarmo è inevitabile e urgente in presenza della minaccia russa e del resto la guerra scatenata da Putin contro l'Ucraina ha messo in luce gli effetti negativi di decenni di bassa spesa per la difesa in tempi di pace. 'Si vis pacem para bellum' ('Se vuoi la pace prepara la guerra') dicevano i latini, e per ottenere un investimento del 2% del pil in difesa occorrono altri 60 mld annui di euro in aggiunta ai 200 già stanziati adesso.dai 21 stati Ue che fanno parte della Nato. Tuttavia questo non sarà sufficiente se non abbinato a un maggiore coordinamento tra le forze armate, come indicato dalla Pesco, la politica di cooperazione difensiva avviata dall'Ue nel 2015, a seguito dell'occupazione russa della Crimea. Una frammentazione della spesa a livello nazionale non può che avvantaggiare le industrie belliche extraeuropee e pertanto, come già successo nel caso dei vaccini anti-covid, la Commissione europea si propone di rivestire un ruolo di centrale d'acquisto per evitare un'impennata delle spese militari e l'impossibilità degli approvvigionamenti da parte degli stati più esposti. Il documento reso noto da El Pais spiega anche che il neocostituito Fondo europeo per la difesa dovrebbe essere esteso oltre gli attuali 8 mld di euro di dotazione fino al 2027, con una necessaria revisione del bilancio pluriennale. Fra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, però la Commissione europea si augura che i governi mettano da parte gli inutili nazionalismi, non solo quelli militari, per offrire più sicurezza agli europei.
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Viene spontanea una domanda. Trump pretendeva dai Paesi dell'Occidente impegno militare molto maggiore. Non c'è riuscito e di fatto ha passato il tesimone al suo successore che invece, Ukraina pronuba, ce la farà. Mi preoccupa però quanto scritto qualche riga qui di sopra: "El Pais rivela che l'Europa non è ancora pronta ad un'ipotesi di guerra aperta contro i russi". Una volta concretizzati i programmi e gli stanziamenti annunciati saremo invece pronti ad un'ipotesi di guerra aperta contro i russi?
C'è, e lo sappiamo, chi l'aspetta da tempo. E chi, pur con l'Ukraina nel cuore, conseguentemente dice no alle armi, spiegando fra qualche giorno su questo giornale le ragioni da nessuno portate in discussione per non averle vissute (a.f.)