Diritto all’oblio, un passo di civiltà
di Dario Scrivano – avvocato e socio Aidr
Riceviamo dall'Aidr: Dal 25 maggio 2018 è entrato in vigore, per tutti gli stati membri dell’Ue, il Regolamento 2016/679, denominato comunemente G.D.P.R., che disciplina la protezione dei dati personali.
In particolare l’art 17, sancisce i casi nei quali l’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano.
Prescindendo dai singoli casi previsti dal regolamento, quello che maggiormente ha accesso il dibattito dottrinale e interessato il grande pubblico è la possibilità di chiedere la deindicizzazione di articoli, commenti, notizie e altro, ai motori di ricerca, nella loro qualità di titolari del trattamento.
L’argomento è di grande attualità ed ha investito i più alti gradi della magistratura nazionale ed europea.
Di recente è stata investita del problema la Corte di Giustizia Europea, sollecitata dalla Corte federale di giustizia tedesca, che ha chiesto all’organo europeo l’esatta interpretazione del regolamento generale sulla protezione dei dati (G.D.P.R), relativamente ad una controversia, che vedeva contrapposti due cittadini tedeschi contro Google
La Corte di Giustizia Europea, nella decisione sulla causa C-460/20/Google, ha sancito un principio di notevole portata, infatti, l’interessato che dimostri al titolare del trattamento che le informazioni che lo riguardano sono manifestatamente infondate, ha diritto alla deindicizzazione dei risultati.
Pertanto, a seguito di questa Sentenza, è diventata ultronea la lunga e costosa trafila giudiziaria, con la quale ottenere una pronuncia giurisdizionale, che dichiarasse false, ingiuriose o calunniose, le affermazioni contenute sul sito indicizzato, essendo sufficiente dimostrarne l’infondatezza al titolare del trattamento, per attivare la procedura prevista dal diritto all’oblio.
L’inesattezza dell’informazione, infatti, fa si che si superi la tutela dei principi di libertà di espressione e d’informazione, che spesso sono i motivi che impediscono la deindicizzazione del contenuto.
Il G.D.P..R sancisce che, la salvaguardia di detti principi deve essere contemperata con il diritto all’oblio., attraverso un bilanciamento operato utilizzando il principio di proporzionalità, ma l’inattendibilità di della notizia fa prevalere la tutela del privato, sull’interesse pubblico.
Per ciò che riguarda l’Italia, non può passare inosservato la recente introduzione ( dal 1 Gennaio 2023), nella riforma Cartabia, del dettato normativo, che prevede, che qualora venga pronunciata una Sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere ovvero un provvedimento di archiviazione, si può chiedere che venga preclusa ai motori di ricerca l’indicizzazione del provvedimento partendo dal nominativo dell’interessato o la deindicizzazione relativamente a quel processo penale, sempre se si effettuano ricerche a partire dal nome dell’interessato.
Una formula in tal senso verrà applicata direttamente in Sentenza, con valore di titolo esecutivo, da far valere nei confronti del titolare del trattamento.
Inutile dire che la portata del provvedimento è notevole e recepisce in pieno lo spirito dell’Art 17 del G.D.PR. In un mondo sempre più digitalizzato, dove la web reputation ha assunto unn’importanza sempre maggiore, si devono approntare degli strumenti efficaci che tutelino questo bene cosi prezioso.