Giro 1960. Gim e Tunin sul Gavia
Mi piace seguire alla Tv le varie tappe del Giro d'Italia e quest'anno, non potevo mancare di dedicare l'intero pomeriggio del 28 maggio a quella che partiva da Lovere per concludersi a Ponte di Legno, con il mitico Mortirolo che sostituiva l'altrettanto mitico Gavia. Quel Gavia di cui tanto si è parlato in questi giorni e che mi porta a ricordare un amico prematuramente scomparso, a Giuseppe Mambretti, il Gim, indimenticabile giornalista della nostra provincia.
Cosa c'entra il Gavia con il Gim ?
Ho ripescato un articoletto, scritto in occasione di una serata in suo ricordo tenutasi nel 2007 e organizzata dall'Assessorato alla cultura del Comune di Tirano, dove spiego il motivo che lega nella mia memoria la figura dell'amico al passo del Gavia.
IL "GIM ".
Conoscevo da tempo il "Gim". Il nostro primo incontro, se ben ricordo, fu in occasione di un "Trofeo Vanoni" a Bormio di qualche anno prima. Nell'occasione fece delle foto al gruppo di amici cui facevamo parte, foto che provvide a sviluppare da solo come si usava a quel tempo.
Già allora bazzicavo con il Friz le redazioni dei giornali locali e mi fu facile conoscerlo e diventarne amico ( eravamo anche coscritti !).
4 giugno 1960. Capitato per caso alla redazione dell'"Ordine", il quotidiano per il quale il Gim scriveva, mi invitò a seguirlo in Alta Valle dicendomi di portare con me la macchina fotografica, una mitica Voigtlander Vito B.
Il Giro d'Italia doveva passare a giorni in valle e fare tappa a Bormio, proveniente da Trento. C'era qualche problema, grosso, legato al maltempo che aveva visto i passi innevati in modo eccezionale per la stagione. Lo Stelvio era impraticabile e il Gavia, che doveva essere l'alternativa, come in effetti fu, non dava troppe speranze.
Partimmo da Sondrio, probabilmente in treno, e, giunti a Tirano circa all'ora di pranzo, Giuseppe mi invitò a casa sua dove la madre ci cucinò velocemente una bistecca alla Bismarck prima di ripartire in auto ( un'Alfa Romeo targata SO 9260 con bene in vista il cartello " servizio stampa", guidata da Paolo Tomasi ) per Bormio e successivamente verso il rifugio Berni per un sopralluogo del percorso che avrebbe interessato il Giro. Qui incontrammo diverse persone che erano al lavoro per rendere transitabile al meglio la strada, ai cui lati la neve raggiungeva in alcuni punti l'altezza di 4-5 metri.
Giuseppe parlò con la gente che conosceva, mentre io scattavo foto. Poi si scese a Bormio e qui, questo è il ricordo più vivo che ho di lui !, il Gim entrò in una cabina telefonica , posta all'esterno della stazione dei pullman Perego, e dettò due pezzi : uno per un giornale sportivo ( forse intitolato " Ciclismo") e un altro a quello di cui era redattore.
Tanti anni sono passati da allora, le frequentazioni con lui sono state tante, fino alla sua scomparsa.
Quella telefonata mi è però rimasta sempre in mente e anche ora, se penso a Giuseppe Mambretti, la prima cosa che ricordo di lui è quel momento. Sentirlo dettare al telefono i due pezzi, a braccio, con grande sicurezza e molta professionalità, mi affascinò enormemente. Scoprii in quell'occasione la sua grande abilità, la stessa che lo ha poi accompagnato nel suo purtroppo breve cammino di giornalista.
Antonio Del Felice
Vale la pena ricordare che la tappa Trento-Bormio , la ventesima del Giro d'Italia 1960, fu vinta da Charlie Gaul ed era la prima volta che Vincenzo Torriani volle che il Giro affrontasse le asperità del celebre passo.