LA NECESSITÀ DI SEMPLIFICARE

del prof. Bruno Di Giacomo Russo

La crisi finanziaria ci ha insegnato la differenza tra la finanza e l’economia reale,  , e ci ha insegnato ad analizzare un territorio tenendo conto dell’economia nazionale e internazionale.

In Italia, tendenzialmente, i fatturati in termini reali sono stagnanti e la redditività è in calo. I dati delle piccole e medie imprese mostrano che la fase di ripresa, che dal 2013 ha caratterizzato la parte più dinamica del sistema produttivo italiano, ha perso, prevedibilmente, il suo slancio.
Il nanismo dimensionale delle imprese italiane non spiega da solo un declino della produttività che è iniziato almeno dagli anni Novanta, quando la loro efficienza era in linea con il resto d’Europa.
Unità troppo piccole non possono sfruttare le economie di scala e soprattutto non possono adottare tecnologie avanzate, poiché queste richiedono spesso personale molto qualificato che è difficile utilizzare a tempo pieno in un’impresa con pochi addetti.
Così, molte imprese sembrano destinate a soccombere perché non possono crescere senza personale qualificato, ma non possono permettersi di acquisirlo. Per uscire da questa situazione di stallo, le imprese hanno bisogno di poter competere con i livelli dimensionali superiori, per cui sono necessari investimenti e fiducia nel futuro.
I tentativi per favorire almeno l’aggregazione tra imprese hanno dato risultati molto contenuti, poiché le singole unità preferiscono non desiderano condividere asset cruciali, come le tecnologie e i clienti. I dati europei mostrano che non bastano più gli aggiustamenti marginali incoraggiati dagli attuali incentivi pubblici. Di contro, risulta più efficace una politica di consolidamento delle prospettive per il futuro, come il programma Industria 4.0.

Il rapporto tra l’Amministrazione e il mercato presenta spesso caratteri di accentuata complessità in quanto, accanto all’interesse pubblico “primario” perseguito dall’amministrazione procedente, possono convivere interessi giuridici di natura economica.
L’attività negoziale pubblica è sottoposta a una serie di regole e principi pubblicistici fortemente derogatori rispetto alla disciplina comune, che pregiudica un equilibrio nei rapporti fra contraenti.
Gli atti giuridici, nei quali tale attività si compendia, non sono sottoposti alle ordinarie regole privatistiche e le relative controversie spesso esulano dalla giurisdizione ordinaria.
Il rapporto tra imprese ed amministrazione aggiudicatrice in materia di appalti pubblici è un rapporto, particolarmente, complesso in quanto, da un lato, vi sono molteplici interessi pubblici che dovrebbero essere ugualmente perseguiti con l’azione amministrativa, dall’altro, vi è un unico interesse, oggetto del potere amministrativo, l’aggiudicazione della gara, ma vi sono una pluralità di imprese concorrenti, titolari tra loro di posizioni ontologicamente contrapposte.
Lo scopo è di analizzare gli obiettivi d’interesse generale che il sistema mira a realizzare attraverso la disciplina dello svolgimento delle gare di appalto pubblico e di individuare la loro intrinseca coerenza o eventuali criticità nel loro contestuale perseguimento, con conseguente necessità di valutare la loro più efficace composizione.
Il d.lgs. n. 50 del 2016 si presenta con una diversa struttura rispetto al precedente codice, una riduzione del numero degli articoli, l’attuazione attraverso il regolamento attuativo, che però non semplifica, di certo, le procedure di gara.
Il Codice non facilità così la libertà imprenditoriale e irretisce le imprese in un dedalo di controlli, accertamenti, verifiche.
La complessità delle regole mostra, in particolare nel settore dei servizi, evidenti limiti di ordine strutturale. Il risultato è che moltissime gare sono decise dopo lunghi giudizi amministrativi con l’effetto perverso, da un lato, di incrementare i costi sia per le imprese, sia per la pubblica amministrazione, dall’altro di delegare al giudice amministrativo decisioni che dovrebbero rimanere nell’alveo del procedimento amministrativo, con tempi accettabili.
Tutto ciò si tramuta in esiti nefasti sul piano economico per le imprese, le quali nella formulazione di un’offerta devono mettere in conto anche i tempi di definizione della gara e, quindi, valutare ora per allora, lievitazione di costi, mutati scenari di mercato.

L’attuale fase emergenziale colpisce l’Italia, che certo non è ancora definitivamente uscita dalla crisi, economica e finanziaria ma, soprattutto, strutturale e istituzionale, del 2008.
Una questione fondamentale per prevedere gli effetti economici del coronavirus è capire se lo shock sarà temporaneo, cioè se dopo il blocco l’economia tornerà al livello precedente, o se la caduta nel reddito non verrà riassorbita in tempi brevi. Ciò dipende, anche, da quante imprese italiane falliranno per crisi di liquidità dovuta al calo delle vendite.
I fallimenti richiedono molto tempo per essere riassorbiti, prolungando gli effetti dello shock; i mancati pagamenti potrebbero amplificare il contagio finanziario ad altre imprese, con un effetto a catena sull’intera economia, coinvolgendo i pochi settori non sottoposti direttamente dal blocco delle attività economiche disposto dal Governo.
L’intervento pubblico per funzionare ha bisogno di essere credibile e duraturo, perché non risulti illusorio e perciò inefficace.

In tale fase, per cui la paura di un lockdown è sempre più sentita, è necessario razionalizzare gli spostamenti ma al contempo non arrestare le attività economiche.
Pertanto, tamponata la ferita con interventi a pioggia di tipo economico assistenziale, è necessario, ora più che mai, porre le fondamenta per un cambiamento strutturale che possa dare seguito ad uno sviluppo coeso.
In materia di affidamenti sotto soglia, ambito tanto importante sia per i piccoli e medi Comuni che per le micro, piccole e medie imprese, intervengono diverse modifiche legislative, tra cui spicca la riforma del 2019 dell’art. 95 del Codice degli Appalti, che in maniera molto concreta e puntuale dispone che le amministrazioni indicano nel bando di gara, nell’avviso o nell’invito, i criteri premiali per agevolare la partecipazione delle micro, piccole e medie imprese.
La svolta sta nel poter prevedere, altresì, il maggiore punteggio relativo all’offerta concernente beni, lavori o servizi che presentano un minore impatto sulla salute e sull’ambiente, ivi compresi i beni o i prodotti da filiera corta o a chilometro zero.
È importante la semplificazione del Codice degli appalti, là dove è palesemente funzionante, intervenendo su meccanismi che rendano possibile una celere e trasparente assegnazione dell’appalto. In tal senso, tale previsioni normativa statale risulta a sostegno del sistema di regolamentazione locale a favore della territorialità, in quanto rinvia alle diverse Amministrazioni, Comuni, Comunità montane, e Province, il compito di disciplinare il criterio della territorialità in base alle proprie specificità.
La regolamentazione locale degli appalti a “Km 0” deve declinare la partecipazione delle micro, piccole e medie imprese, puntando sulle aziende di prossimità rispetto al luogo di esecuzione, in considerazioni di diverse particolarità relative ad uno specifico lavoro. In tal senso, è stato elaborato un Regolamento Tipo che le Amministrazioni della provincia di Sondrio possono adottare e applicare, dando così concretezza al principio nonché “Criterio della territorialità”, quale sostegno importante per le imprese del territorio.

prof. Bruno Di Giacomo Russo
Angolo delle idee