Tribunali Militari di guerra straordinari per giudicare i terroristi CCCVa

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ORIGINI E VICENDE ORGANICHE


I Tribunali Militari di guerra straordinari


Le origini dell’istituto della Giustizia Militare risalgono alla
legislazione in materia dello Stato sardo, promulgata da
Vittorio Emanuele II il 1° ottobre 1850 e rimasta in vigore nei
primi anni dello Stato unitario.


Nel periodo precedente, la “magistratura criminale militare” era
amministrata, nello stesso Stato, da consigli di guerra di
reggimento e di divisione ordinaria o subitanei, da consigli di
guerra misti, dall’uditore generale di guerra. La competenza dei
vari consigli era fissata in ragione della gravità del reato,
della qualità degli imputati nonché dall’esigenza di
esemplarità. Commissioni di inchiesta provvedevano alla
istruzione dei procedimenti ed al deferimento degli imputati ai
consigli di guerra ordinari. Ufficiali in servizio componevano
le commissioni ed i consigli e svolgevano presso di essi le
funzioni di pubblico ministero. Estensore della sentenza era,
invece, un uditore di guerra reggimentale o divisionario,
assimilato al grado di ufficiale.


Preposto all’amministrazione della Giustizia Militare era
l’uditore generale di guerra, organo creato nel 1582 da Emanuele
Filiberto per l’esercizio della giurisdizione militare nello
stato sabaudo. La giustizia militare negli stati italiani
preunitari era amministrata da collegi militari consimili ai
consigli di guerra di cui si è detto.


Il codice penale militare del 1° ottobre 1859 prevedeva la
giustizia militare amministrata da commissioni di inchiesta, da
tribunali militari territoriali, da tribunali presso truppe e da
un tribunale supremo di guerra; quest’ultimo, destinato a
conoscere dei ricorsi in nullità contro le sentenze emanate dai
tribunali militari, ebbe, nella legislazione di un decennio
successiva (Codice penale militare per l’Esercito e Codice
penale militare marittimo, entrambi del 28 novembre 1869), la
denominazione di tribunale supremo di guerra e di marina e,
quindi, dal 1923, la denominazione, durata fino al 1981, di
tribunale supremo militare.


I tribunali militari erano composti da sei ufficiali in
servizio, compreso il presidente, colonnello o tenente
colonnello, e assistiti nella deliberazione da un segretario,
estensore della sentenza. L’Ufficio del pubblico ministero
presso il tribunale militare era affidato da un avvocato fiscale
militare, facente capo all’avvocato generale militare, che
svolgeva le funzioni di pubblico ministero presso il tribunale
supremo militare di guerra.


Dal 1859 fino alla prima guerra mondiale si erano avuti, oltre
al tribunale supremo, dodici tribunali militari, ciascuno dei
quali presso un comando di corpo d’armata, e quattro tribunali
militari marittimi, presso altrettanti dipartimenti. Esigenze
proprie del periodo bellico determinarono la costituzione di
tribunali di guerra in zona territoriale; di corpo d’armata
mobilitato; d’armata, d’indipendenza o di tappa; marittimi; di
piazzaforte e infine all’estero, per un totale di oltre cento
unità. Allo svolgimento delle attività di tali organi
giurisdizionali concorrevano, con il personale della Giustizia
Militare, militarizzato nel 1916, magistrati ordinari con
assimilazione di grado militare e ufficiali laureati in legge.



Nel 1918, il personale della Giustizia Militare, diviso nelle
categorie del servizio attivo permanente e di complemento, entrò
a far parte dell’esercito; la figura del segretario estensore fu
sostituita, nel collegio giudicante, da un giudice relatore,
magistrato militare, con voto deliberativo.


Nel 1923, il numero dei tribunali militari tornò ad essere
quello di 12 anteriore alla guerra; il personale della Giustizia
Militare cessò di far parte dell’Esercito; venne istituito il
ruolo dei cancellieri militari. Nel 1931, la presidenza dei
tribunali militari territoriali venne affidata ad un ufficiale
generale di brigata. Nello stesso anno nacque la figura del
consigliere relatore del tribunale supremo militare per
sostituire, in quel supremo collegio, il consigliere di Stato.



Per soddisfare le esigenze della mobilitazione, e rendere
immediatamente funzionanti i tribunali militari nell’ipotesi di
guerra, fu istituito, con R.D. 28.11.1935, n.2397, convertito
nella L. 6.4.1936, n.818, il Corpo degli ufficiali in congedo
della Giustizia militare, distinto in tre ruoli: ordinario, di
riserva, ausiliario. I primi due sono costituiti sin dal tempo
di pace, il terzo soltanto in caso di mobilitazione. Ciascun
ruolo è diviso in due categorie: magistrati e cancellieri, la
nomina dei quali è stabilita in dettaglio dalla legge
istitutiva. Il predetto Corpo fa parte in dettaglio dalla legge
pur lasciando intatto, in tempo di pace, al magistrato militare
lo stato giuridico civile.


I magistrati e i cancellieri militari che, sino al dicembre 1974
indossavano, in udienza, la grande uniforme del Corpo in congedo
degli ufficiali della Giustizia militare, dal gennaio 1975
indossano la toga.


Una profonda riforma dell’ordinamento giudiziario militare di
pace si è avuta con la L. 7.5.1981 n.180.


Oggi i tribunali militari sono nove; è stata istituita la Corte
militare di appello (unica per tutto il territorio nazionale, ma
con due sezioni distaccate: a Verona e a Napoli), la presidenza
degli organi giudiziari militari è affidata ad un magistrato
militare e non più ad un ufficiale; è variata numericamente la
composizione dei collegi giudicanti (tre membri, e precisamente
due magistrati militari ed un ufficiale presso i tribunali
militari; cinque membri, e precisamente tre magistrati militari
e due ufficiali presso le Corti militari di appello);
l’attribuzione di funzioni giudicanti agli ufficiali è affidata
ad un criterio di estrazione a sorte, ed è estremamente limitata
nel tempo (appena due mesi); sono soppressi in tempo di pace
numerosi organi giudiziari militari (tribunali militari di
bordo, tribunali militari presso forze armate concentrate, o
presso Corpi di spedizione all’estero; tribunale supremo
militare); è stato previsto, secondo le norme del codice di
procedura penale militare, il ricorso per cassazione avverso
sentenze emesse dagli organi giudiziari militari; è stato
istituito presso la Corte suprema di cassazione un autonomo
ufficio del P.M. (Procura generale militare presso la Corte di
cassazione); sono stati creati la Procura generale militare
della Repubblica della Corte militare di appello, diretta dal
procuratore generale militare presso la stessa Corte, e un
ufficio di Procura generale militare presso ognuna delle due
Sezioni di Corte militare di appello, affidato alla direzione di
un Avvocato generale militare, ferme restando le Procure
militari della Repubblica presso i tribunali militari, dirette
dal Procuratore militare della Repubblica; è stata abolita la
dipendenza di tutto il personale della magistratura militare
(requirente e giudicante) dal Procuratore generale militare,
stabilendosi (in analogia a quanto avviene per la magistratura
ordinaria) l’attribuzione del potere di sorveglianza sui
magistrati giudicanti al Presidente della Corte militare di
appello e quello sui magistrati requirenti (a seguito della
modifica alla L. 180/1981, apportata dall’art. 1, co. 7, della
L. 30.12.1988 n.561) in capo al Procuratore generale militare
della Repubblica presso la Corte militare di appello.


Infine, l’art. 1 della L. 180/1981 ha esteso ai magistrati
militari le medesime garanzie e le stesse norme di avanzamento
previste per la magistratura ordinaria, e la L. 30.12.1988,
n.561, ha istituito, come organo amministrativo di autogoverno,
il Consiglio della magistratura militare, e composto da due
membri laici (nominati, di concerto, dai Presidenti dei due rami
del parlamento), dal Procuratore generale militare presso la
Corte di cassazione (membro di diritto) e da cinque magistrati
militari (uno dei quali con funzioni di cassazione) eletti da
tutti i magistrati militari.





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