I BAMBINI DI BESLAN

di Valerio Delle Grave

Abbiamo visto
in diretta televisiva uno spettacolo raccapricciante che ha
mostrato al mondo fin dove può arrivare la degenerazione della
mente umana.

L’episodio terroristico di Beslan rimarrà nella nostra mente per
lungo tempo. Guai a rimuovere quello spettacolo, quelle scene
orripilanti e oscene; volendole rimuovere non si farebbe altro
che il gioco, assurdo e sporco, degli assassini: di quegli
uomini e di quelle donne che con lucidità demenziale hanno
ritenuto (e ritengono) di risolvere i problemi della vita dando
la morte agli innocenti.

Dicono che siano state le “donne in nero” imbottite di esplosivo
a causare la strage degli innocenti.

Dicono anche che quelle donne hanno agito per vendicare i loro
figli e le loro figlie ammazzati e stuprate dai soldati russi
che occupano la Cecenia. Dicono che la colpa della strage sia
delle forze militari speciali russe.

Dicono che il vero responsabile di quei disordini sia il
presidente russo Vladimir Putin che per motivi economici e
strategici non voglia concedere l’autonomia alla Repubblica
Cecena.

Dicono che a fornire le armi ai ceceni siano gli Stati Uniti
attraverso i Paesi Islamici, perché anche l’America è
interessata alle risorse petrolifere di quella regione.

Infine dicono che il capo dei ribelli ceceni Shamil Basayev,
autore confesso della strage di Beslan, abbia messo una taglia
di 20 milioni di dollari sulla testa di Putin in risposta a
quest’ultimo che in precedenza ne aveva messa una di 10 milioni
sulla sua e su quella del presidente riconosciuto dei ceceni
Aslan Mashkadov.

Tutta questa ridda di “si dice” non fa altro che confermare la
assurdità di quello che è successo e di quello che abbiamo
visto: una folle spirale di odio tra persone, etnie e stati che
non mostra nessun segno di ravvedimento, nessuna inversione di
tendenza.

In un precedente articolo pubblicato sul bollettino parrocchiale
nel dicembre 2002, commentando l’attentato ceceno al teatro
Dubrovka di Mosca (più di 200 morti) ho tracciato una sommaria
descrizione geografica degli Stati presenti in quella regione,
da allora la situazione è solo peggiorata, i morti si sono
moltiplicati e l’odio ha trovato ampi motivi per un aumento
spaventoso.

Ricordo che la Cecenia è ricca di petrolio. I suoi giacimenti,
concentrati nel distretto della capitale Grozny, producono circa
quattro mila tonnellate di petrolio al giorno. Notevoli anche i
giacimenti di gas naturale. Ma più che per le sue risorse la
Cecenia è importante, dal punto di vista di Mosca, perché sul
suo territorio passano due strategici oleodotti russi che
portano il greggio e il gas del Mar Caspio al terminal di
Novorossisk sul Mar Nero. Non controllare la Cecenia
significherebbe per la Russia perdere il controllo del commercio
petrolifero. Oltre al fatto che per la Cecenia passano anche
linee stradali e ferroviarie che costituiscono il principale
asse di comunicazione commerciale est – ovest attraverso le
regioni caucasiche della Federazione Russa.

Tuttavia i ceceni vivono nella miseria e nel terrore e, a
seguito delle due guerre intentate dalla Russia (la prima nel
dicembre 1994; la seconda ad ottobre 1999), la popolazione si è
ridotta di un quarto: da 1,2 milioni prima della prima guerra
agli attuali 800.000. Si capisce, quindi, anche se non si
possono condividere le terribili azioni terroristiche messe in
atto dai separatisti, che le ragioni dei ceceni sono fondate e
che la Russia sta abusando del proprio potere usando in modo
preponderante la forza bruta anziché il dialogo.

Per altre questioni e scopi, anche l’America sta usando gli
stessi metodi con l’Irak e con l’Afghanistan.

In questi giorni il Segretario Generale dell’ONU ha affermato
che la dichiarazione di guerra all’IRAK è illegale; affermazione
che suona a condanna alla decisione di Bush e dei suoi alleati
(tra cui l’Italia).

Anche questa situazione non giustifica gli atti di terrorismo
che si sono via via succeduti dopo l’11 settembre 2001 a danno
di cittadini inermi e innocenti, ne tanto meno giustifica i
rapimenti di civili a scopo ricattatorio che si susseguono quasi
ogni giorno. Ma impone, però, ai responsabili politici delle
forze in campo di cambiare radicalmente strategia. Questa follia
distruttiva fondata sulla violenza, sulla forza delle armi e
sullo scontro frontale, deve essere fermata con l’arma più
coraggiosa del negoziato, del dialogo, della mediazione. Ecco
perché non bisogna dimenticare la strage degli innocenti di
Beslan, perché le immagini di quei corpicini nudi e indifesi
devono darci il coraggio di gridare ai governanti, signori della
guerra e delle armi, di morigerare la loro sete di potere e di
intraprendere una politica redistributiva della ricchezza
fondata sulla giustizia, sull’uguaglianza dei diritti umani, sul
dialogo e sulla pace.

Parole direte voi, vuota retorica diranno i più scettici, ma
chiediamoci: qual’è l’alternativa? Forse la violenza? Forse
l’odio? O forse e peggio l’indifferenza? Le due Simone in mano
ai rapitori ci insegnano che altri sono i mezzi per affrontare e
risolvere i problemi. L’amore per l’altro, non l’odio, ha
spronato le due ragazze italiane ad andare in Irak. In questo
momento nessuno sa come andranno a finire le cose per loro,
comunque non lasciamole sole ne ora ne poi!!
Valerio Delle Grave


GdS 30 IX 2004 - www.gazzettadisondrio.it

Valerio Delle Grave