18 luglio 1987, La tragedia ora per ora (segue)

Con il pianto per le vittime, con l'angoscia nel vedere una natura furiosa anche la certezza di una, peraltro riconosciuta, risposta seria e meritevole da parte dei valtellinesi

Ripubblichiamo il capitolo del libro, autore chi scrive, relativo alla prima parte della calamità del 1987, oggi, a u mese esatto di quel 18 luglio che verrà ricordato essendo il XXX° anniversario dell'inizio della tragedia. In prima persona, un diario richiedendolo:

EVENTI DI FINE MILLENNIO. 11) Capitolo tredicesimo. LA TERRIBILE CALAMITÀ DEL 1987. VENT’ANNI DOPO

Premessa – Sabato 18 luglio 1987, alba – Secondo i metereologi – 305 mm d’acqua. Come 30,5 tonnellate in casa – Pioggia sul Bernina a 4050 metri! – Le acque in Valtellina – Nessuno immaginava - Sabato 18. Pomeriggio – Il Paiosa impazzito – Il versante terrazzato, Il “Malus Rivus” parte prima, il Valfontana – Le altre situazioni critiche - Sabato 18 luglio 1987. Tartano -  Tartano. Vanoni – Tartano. Il Gran Baita – Tartano. Come mai quel disastro? – Caiolo, Adda, Gombaro - Sabato 18 luglio 1987, Prefettura. Colonna per Tartano – Prefettura. Arriva il Ministro. A Morbegno. No – Prefettura. A Sondalo non c’è più acqua nell’Adda! - Prefettura. L’arrivo del Ministro Zamberletti – L’esercito. Gli elicotteri. Si delinea l’organizzazione.
Premessa
Un racconto in prima persona. Non può essere diversamente trattandosi di testimonianza diretta, in tanti aspetti esclusiva, mescolando l’interesse e i consequenziali comportamenti da responsabile di un Ente pubblico con quello di tipo giornalistico. Tenendo distinte le sfere di responsabilità, potremmo dire diritti e doveri, ma sempre con un’attenzione particolare, mirata anche nei piccoli particolari fissati indelebilmente nella memoria. Un contributo alla conoscenza di chi è stato spettatore degli eventi, ma da dentro e vivendoli.
SABATO 18 LUGLIO 1987, ALBA
Sabato 18 luglio del 1987. Era l’alba quando si chiudeva il giornale che allora dirigevo, Centro Valle. Durante la notte però un paio di volte eravamo usciti dalla tipografia per vedere cosa stava succedendo. Per fare un solo esempio il sottopasso di Via Caimi un Sondrio era impraticabile per via di un metro circa d’acqua che si stava riassorbendo molto lentamente tanta ne era caduta e ne stava cadendo. Vigili del Fuoco in pista. Molte finestre illuminate. Situazione pesante
SECONDO I METEREOLOGI
I  metereologi spiegheranno che correnti fredde provenienti dall’Islanda  e quelle calde originate dall’anticiclone delle Azzorre scontrandosi avevano determinato un grande vortice ciclonico. Visibilissimo.  Sulle nostre teste. Erano giorni tutt’altro che da solleone con l’acqua che scorreva lungo i prati perché il terreno non era più in grado di assorbirla, ma quel sabato 18 luglio fu invero cosa da incubo, del resto documentata dai pluviometri.
305 MM D’ACQUA. COME 30,5 TONNELLATE IN CASA
Uno di questi, su una diga a pochi km in linea d’aria da Sondrio, là dove le precipitazioni annuali possono variare da 1500 a 1600 mm (circa 1000 nel capoluogo), registrò ben 305 mm d’acqua in sole 24 ore. Cosa vogliono dire 305 mm di acqua in un giorno? Se entrasse questa pioggia in casa nostra, per semplicità diciamo in un appartamento di 100 metri quadrati, al termine delle 24 ore avremmo in casa 30.500 (trentamila e cinquecento) litri d’acqua con un peso di 30,5 tonnellate. Certo, non sono arrivati dappertutto 305 mm in 24 ore. Consideriamone anche solo la metà non è che sia un bel miglioramento visto che nella casa di cui sopra vorrebbe sempre avere oltre 15.000 litri d’acqua, pari a 15 tonnellate! Acqua comunque da aggiungere caso a quella caduta nei giorni precedenti
PIOGGIA SUL BERNINA, A 4050 METRI!
Da notare poi che lo zero termico era incredibilmente oltre i 4.000 metri. Non la solita neve alle quote alte dunque, anche d’estate, e neppure ai 4050 metri del Bernina. Invece pioggia, tanta, un diluvio. Acqua che partiva dall’alto rompendo l’equilibrio delle morene, trascinando a valle imponenti quantità di materiale solido. La Valtellina, vera e propria regione alpina, valle trasversale tra le Prealpi Orobie e le Alpi Retiche che vanno dalle Lepontine sino al massiccio dell’Ortles ha 3120 kmq. di territorio ricco di acque.
LE ACQUE IN VALTELLINA
Nei percorso sub-lacuale dell’Adda in provincia di Sondrio, tutto in Valtellina - confluiscono dalle Alpi Retiche 45 affluenti e 60 dalle Prealpi Orobie. Non basta. Quasi tutti questi corsi d’acqua ne ricevono altri lungo il loro corso. Il guaio è che molti di questi sono caratterizzati da pendenze, sia longitudinali che trasversali, molto accentuate, tali da determinare nella situazione dianzi descritta un effetto devastante nel fondo valle. Le situazioni peggiori quelle con a monte i numerosi e consistenti ghiacciai. Significativamente qualche dato: 70,390 km per l’Adda – bacino di formazione, 106,400 km per l’Adda – collettore, 669,548 km di affluenti dell’Adda per un totale, anche con altri affluenti, di 1533,565 km.
Ci sono infine bacini idroelettrici. 47 per un capacità complessiva di circa 419 milioni di mc, cui si aggiungono i quattro amministrativamente svizzeri ma idrologicamente sul versante italiano per altri 110 milioni di mc. Ce ne sono poi due italiani, Valle di Lei e Livigno, per 361 milioni di mc. situati sul versante svizzero. Per fortuna allora i bacini erano tutti a un livello basso per cui riempiendosi hanno sottratto nei momenti peggiori flussi idrici che altrimenti avrebbero peggiorato la situazione andando ad aumentare ulteriormente la portata di piena già catastrofica.
NESSUNO IMMAGINAVA…
Torniamo al 18 luglio. Non era certo tempo da vacanze. I non molti turisti se ne stavano rinserrati negli alberghi della provincia o nelle seconde case. Qualche gruppo di inzuppati boy-scouts rischiava di perdere la poesia del campeggio come sa chi lo ha fatto a una certa quota  Il nostro giornale, il più diffuso della provincia, apriva la prima pagina con l’appena nominata nuova Giunta Regionale con la clamorosa, ma giusta e condivisa, astensione dell’unico consigliere regionale della provincia Muffatti e con la positiva conclusione, delicatamente caldeggiata dal giornale in tre successivi articoli, della dolorosa vicenda di due fratellini tornati dai loro nonni dopo che una sconcertante sentenza li avrebbe voluti separare e dai nonni e tra loro. C’era il toto-Governo con la speranza che nel Gabinetto presieduto da Goria potessero entrare Tarabini e Forte, cosa non avvenuta (con un ulteriore, negativo, siluro ai valtellinesi con la sostituzione di Zamberletti. Per fortuna con Gaspari che si meritò il titolo di valtellinese ad honorem) ma con negative conseguenze in quel momento. Un paio di nomine di interesse generale: Alberto Gritti rieletto Presidente dell’Unione Artigiani della provincia di Sondrio e Maurizio Frizziero  eletto Segretario nazionale dell’AIAP, l’Associazione Italiana dei Creativi della Comunicazione Visiva, presente anche a livello internazionale. Per lo sport cestisti in fibrillazione per i mondiali juniores di basket in programma in Valtellina dal 23 luglio con dirette TV. Veniva pubblicata anche la polemica per il problema del metano che sarebbe stato in ritardo e una precisazione dell’on. Bertuzzi, allora famoso come una sorta di difensore civico nazionale, che, eletto nelle liste radicali spiegava perché a Roma si è iscritto al gruppo misto.
Nessuno immaginava quale scenario Giove Pluvio stava preparando.
SABATO 18 LUGLIO 1987. POMERIGGIO
Piove, strapiove ma la gente fa le solite faccende del sabato. All’Iperal, ipermercato di Castione a quattro km dal capoluogo, finita la spesa, si accalca sotto la tettoia metallica – ora non c’è più - e aspetta, con sopra la testa un tambureggiamento continuo, come se invece di pioggia si trattasse di grandine.. Qualche coraggioso corre all’auto nel parcheggio portandola al limite della tettoia per caricare i sacchetti, moglie e magari altre persone. Coraggioso in quanto nonostante l’ombrello arriva con gli abiti incollati tanto sono zuppi. C’è chi fa da inusuale taxi portando nel piazzale le persone a prendere la loro auto. I commenti sono a senso unico: nessuno ricorda una simile intensità di pioggia persistente nel tempo. Tanta acqua in qualche temporale ma per pochi minuti. E siamo a luglio… Rientrano i programmi di chi sperava per il week-end un rinsavimento di Giove Pluvio tale da consentire la salita ai monti. V’è anche chi si lamenta e lo si capisce. Si è impegnato da tempo con altri suoi colleghi per organizzare una manifestazione all’aperto, hanno preparato tutto, speso soldi e tutto finisce in fumo, anzi in acqua.
IL PAIOSA IMPAZZITO
Anche chi scrive ha da fare, come Presidente del BIM. Ha un appuntamento con l’ing. Giulio Liscidini - vittima qualche anno dopo di un tragico scontro frontale - che ha organizzato una cooperativa, la Corival, ancora oggi attiva nel settore dell’informatica applicata al territorio. Argomento: il monitoraggio. Ce n’è bisogno, come del resto si vedrà, e il BIM sembra l’Ente adatto per occuparsene. Si sta approfondendo l’argomento quando squilla il telefono. Chiama la signora Bonfadini, che molti conoscevano anche perché nella sua casa, in Fiorenza sulla sinistra della provinciale per Tresivio a breve distanza dalla SS 38, c’era un noto negozio caratteristico “Il Guscio”: “Signor Frizziero, qui è un macello!”. Alla domanda su cosa, dove, perché la signora risponde che di fronte, sul versante orobico, sta venendo giù l’ira di Dio. Il monitoraggio può  aspettare. In auto e via a tutto gas. Arrivati alla Centrale Venina, un poliziotto ci ferma. Strada chiusa, e in effetti si vede poco avanti l’allagamento. Cerchiamo di passare lo stesso in quanto il livello dell’acqua appare inferiore dell’altezza dello spinterogeno ma il poliziotto non transige.
Aggiriamo l’ostacolo. Corriamo alla stazione di Tresivio-Poggiridenti che in realtà è in Comune di Piateda. Poco più avanti c’è un piccolo sottopasso della ferrovia e quindi una strada campestre che ci consente di arrivare al ponte delle Streppona, pure sbarrato dalla Polizia. L’Adda è sì in piena ma non appare molto gonfia. Quello che invece ci si para davanti agli occhi è uno spettacolo, si fa per dire, incredibile. Il Paiosa, di solito un rigagnolo nel quale si portavano i bambini a giocare con l’acqua, impazzito, ha portato verso valle, intero, un grande casello dell’acquedotto, recentemente costruito in cemento armato che è sceso e si è coricato su un fianco. In basso è spezzato il grosso ponte-canale in muratura della Sondel che porta l’acqua dalla presa del Baghetto alla centrale di Buffetto. Evacuazione per le case in Valbona minacciate dal un altro torrente il Serio. Questi corsi d’acqua partono lassù, 5/6 km sopra intorno ai 2000 metri con pendenze del 25-30%.
Un gruppo di persone guarda in assoluto silenzio. Nei volti si legge il pensiero, probabilmente come nei nostri. Sua maestà la Natura è di fronte a noi proprio nel momento delle sue convulsioni. Arriva una coppia a piedi sotto la pioggia, forse sulla sessantina, vestiti da casa e inzuppati, senza neppure un ombrello. Sono i primi evacuati. Hanno parenti o amici in Fiorenza, li carichiamo in auto. Non un gesto, non un lamento, una composta dignità. Li portiamo a destinazione non senza chiedere se hanno bisogno di qualcosa. “No grazie”.
IL VERSANTE TERRAZZATO, IL “MALUS RIVUS” (MALLERO) PARTE PRIMA, IL VALFONTANA
Saliamo sul versante terrazzato, memori di Tresenda 1983. Nelle vigne qualcuno che controlla, ma non sembra ci siano problemi nonostante l’eccezionalità della pioggia. Per quello che si vede i valgelli funzionano, le acque meteoriche defluiscono ordinatamente, non si scorgono deflussi fangosi per erosione. Saliamo al Moncucco per scendere a Gombaro.
Il Mallero vuole giustificare il suo nome latino, “Malus rivus”, ma l’alveo sembra contenere la massa d’acqua che arriva dalle Cassandre a velocità sostenuta. Empiricamente, stabilita la velocità alla Poiseuille e stimata la superficie della sezione calcoliamo una portata tra i 250 e i 300 metri cubi al secondo, una bella piena. L’ing. Liscidini corre via per tornare a casa perché c’è il rischio che la SS 38 venga interrotta a Chiuro, come poi capiterà qualche ora dopo, prima con l’interruzione della Statale da parte del Valfontana, poi con il blocco anche della provinciale per Teglio sempre ad opera dello stesso torrente che vien giù da quota 2850 metri arrivando al fondovalle (circa 350 metri di quota). La pendenza media sui 15,4 km del suo corso non appare rilevantissima, 14,4% ma conta quella, molto più elevata, della parte terminale. Notasi però che la pendenza trasversale da un minimo del 30% arriva fino al 120%.
Il quadro comincia a delinearsi, ma siamo ancora lontani da quello reale che assumerà proporzioni da catastrofe, con un bilancio di vite umane, sempre doloroso, ma in un certo senso limitato dalla risposta, consapevole e tempestiva, degli amministratori, della gente del soccorso, in prima linea i Vigili del Fuoco, della gente comune anche di chi magari ha solo la quinta elementare ma in fatto di coesistenza con i problemi della montagna potrebbe tenere un master a tanti soloni della cultura metropolitana che nei giorni successivi persero straordinarie occasioni di evitare figuracce tacendo.
LE ALTRE SITUAZIONI CRITICHE
Vedremo nello svolgersi del racconto le altre situazioni critiche. Prima fra queste l’alluvione di S. Antonio Morignone che farà temere il peggio a chi abita nei paesi sottostanti, poi quella del Piano della Selvetta e della piana di Talamona-Morbegno. Ma poi Fusine, Torre e la Valmalenco per non parlare di Sondrio dove quella portata di cui abbiamo riferito nelle ore successive veniva raddoppiata. Nella sfortuna la fortuna del buco in alveo prodotto dal silos prima della confluenza in Adda. Il tempo riempimento ha ritardato il rigurgito e quindi il deposito di materiale in alveo. Quando questo è arrivato a riempire l’alveo la portata era diminuita e 19 (contati poi: 27)cucchiai nel Lungo Mallero Cadorna con stakanovisti alla loro guida hanno continuato ad asportare materiale sempre sul filo della tracimazione, alla fine evitata. Torneremo dunque su questi aspetti, ma intanto torniamo al pomeriggio inoltrato, quasi sera, di sabato 18.
SABATO 18 LUGLIO 1987. TARTANO
Qualche telefonata. Terribile. A Tartano è successo il finimondo. Le notizie sono frammentarie, imprecise. “Il Gran Baita”. Cosa può essere successo? E’ in una posizione storicamente sicura. Le congetture non servono. Pian piano il quadro si definisce: una valanga di acqua e fango è penetrata nella hall e nel salone dove, dato il maltempo, molti villeggianti sostavano. Morti, tanti. Feriti, tanti. Dispersi.
Tartano è un Comune sulla sponda orobica con due centri abitati, Campo a 1049 metri di quota e a una decina di km dal fondovalle, cinque km oltre c’è Tartano, alla confluenza tra Val Lunga e Val Corta a quota 1200. Circa 300 gli abitanti al tempo dell’alluvione. All’inizio del novecento erano sui 1500 in 40 nuclei, 13 Campo e 27 Tartano. Un migliaio negli anni sessanta, poi un esodo rapido.
TARTANO. VANONI
Il 16 febbraio del 1956 moriva al Senato il valtellinese Ministro del Bilancio Ezio Vanoni dopo il suo discorso sulla necessità dell'equità fiscale, nel corso del quale aveva detto "...Non posso dimenticare, ad esempio, che vi è nella mia provincia un piccolo Comune di 1.200 abitanti, il quale ancor oggi è collegato con la pianura per mezzo di una mulattiera, sicché occorrono cinque ore di cammino per raggiungerlo...". E ancora: "...In quel piccolo villaggio di montagna, nella lapide dei caduti dell'ultima guerra si vedono vicini i nomi di fratelli e di cugini appartenenti alla medesima famiglia...". E più avanti: "Ora questa è la nostra politica: ricordarsi di questi uomini che in guerra, e anche come partigiani, sacrificarono la loro vita ad una Italia che tante volte si ricorda di loro solo per mandare la cartolina-precetto e non per costruire le strade che rendano più agevole la vita di queste contrade...". Quel Comune era Tartano che finalmente in un paio d'anni sarebbe stato collegato al fondovalle da una strada progettata dal prof. Jelmoni.Sono dunque scesi a valle in tanti, per via del lavoro, delle scuole dei figli, per maggiori comodità Molti però tornano d’estate nelle vecchie case di famiglia, molte risistemate
TARTANO. IL GRAN BAITA
Il luogo ameno attira anche turisti soprattutto dal milanese e dal comasco. E ce n’erano quel pomeriggio molti nel salone a piano terra dell'albergo Gran Baita, nome significativo. Lì infatti sorgeva una grande baita secolare, ultimo proprietario un certo "Toni". Costruita in un posto sicuro, con a fianco un vallone capace di ricevere le acque, anche se furiose, aveva tranquillamente retto le insidie del tempo fin quando gente che amava la sua terra decise di erigere al suo posto un albergo, appunto il Gran Baita. E che il posto fosse e sia sicuro lo dimostra il fatto che l'albergo é ancora lì, intatto nelle sue strutture e non toccato nei piani superiori, a ricevere i villeggianti che continuano ad arrivare ne cuore del Parco delle Orobie.
Come mai quel disastro?
Ma se il posto era così sicuro come mai i 21 morti e i tanti feriti? Nel grande prato sovrastante la vera insidia. Un tempo c'era un alveo, non molto grande ma con notevole pendenza. Nei decenni, tanti, questo alveo si era colmato di materiale tanto da non far pensare a nessuno che ci fosse vista l'omogeneità del grande prato. Per il principio dei fisici secondo il quale acqua e corrente elettrica seguono sempre il percorso di minore resistenza, per il principio della gente di montagna secondo il quale l'acqua ritrova sempre la sua strada, un po' come i cavalli dei rottieri sulla strada dello Stelvio anche in posti con metri di neve, la straordinaria quantità di pioggia ha fatto sì che l'acqua meteorica decidesse, per scaricarsi a valle, di utilizzare anche quel vecchio alveo in disuso da tempo. Probabilmente la massa d'acqua e fango avrebbe potuto confluire nel vallone citato senonché, a circa metà prato, era stato costruito un edificio, a due piani utili. Il colpo di maglio della massa in movimento, acqua, fango, sassi sfondò il condominio di cui restavano le parti sinistra e destra a fianco dello squarcio centrale di - a memoria - circa un 20/30 metri. Sfondato l'edificio la fiumana si diresse verso l'albergo entrando con veemenza nel salone e trascinando via con sè le persone che si trovavano lì dentro, finendo la sua corsa nel bacino idroelettrico sottostante, quasi 300 metri sotto. Tragedia nella tragedia: morirono anche il proprietario, Marcellino, con moglie e due figlie.
CAIOLO, ADDA, GOMBARO…
Telefoniamo alla corrispondente del Corriere della Sera Irene Tucci, in vacanza a Bormio, per dirle di tornare a Sondrio perché marca male. È appena arrivata e non ne ha voglia, ma poco dopo lo farà. Con i familiari andiamo a vedere la situazione. Ponte di Caiolo. Fermiamo l’auto e scendiamo per guardare l’Adda. Fa paura. Tronchi e altro materiale con gran rumore cozzano contro le pile (dopo qualche ora il ponte cederà. Resterà in piedi solo uno degli archi con i tiranti per tenere il piano carrabile, quello sud). “Via, via, andiamo!” Bisogna andare. In auto al camping del Castelletto dove ci sono alcune roulottes e un paio di tende. E’ una zona-spia della situazione, ma tutto appare tranquillo. Il livello dell’Adda, per quanto gonfia, è ancora in termini di sicurezza. Torniamo a Gombaro. Situazione spaventosa. In poco tempo l’acqua è salita oltre l’argine in tutta l’ansa e materiale solido trasportato dalla furia delle acque rumoreggia pestando non più l’argine ma quella specie di barbacane che era stato fatto in corrispondenza del mezzo tornante. Terrà. Non avesse tenuto l’acqua si sarebbe infilata tra gli argini, che argini!, e il versante arrivando in Piazza Vecchia a grande velocità con quali conseguenze è facile immaginare. Anzi, meglio non immaginare. C’è un osservatore del Comune, il vigile Bonomi, cui la comprensibile preoccupazione ha fatto allungare il volto di mezzo metro con tante rughe mai viste prima. Le case sono in evidente pericolo, occorre evacuare, e lo diciamo. In quel momento la radio gracchia ed è proprio l’ordine di far andare via la gente. Portiamo la famiglia a casa ma prima passiamo ancora al Castelletto. Incredibile: l’acqua arriva ai finestrini delle roulottes. Per fortuna la gente è stata previdente, non ci sono problemi. Incontriamo Irene Tucci che riferisce, ancora spaventata, cosa ha trovato sulla strada sempre pensando di restare bloccata da acqua, sassi, fango in diverse parti. Andiamo insieme in Prefettura. per avere notizie; questione, diciamo, di un paio d’ore al massimo (diventeranno più di 24).
SABATO 18 LUGLIO 1987, IN PREFETTURA
In Prefettura c’è il Capo di Gabinetto dr. Melchiorre Fallica, (Ora Prefetto, dal 29 marzo 2006, con diversi incarichi ricoperti come Commissario al Comune di Arezzo e all’ASL Napoli 4). Per quanto fatto in Valtellina avrebbe meritato di esserlo molto prima). E’ solo. Il Prefetto, dr. Giuseppe Piccolo, è in ferie sul Tigullio. Come lui tanti altri, fra i quali anche il Comandante dei Vigili del Fuoco ing. D’Angiolino, popolarissimo in Valtellina (da poco in pensione dopo aver diretto, apprezzatissimo, il Comando provinciale di Trieste per 15 anni).
Sono abbastanza di casa da anni, in relazione ai vari incarichi ricoperti. Il dr. Fallica ricorda la spedizione per il terremoto dell’Irpinia e l’operazione per Tresenda 1983 da me organizzate e mi chiede se posso dargli una mano. Ben volentieri. Mi esterna subito la sua preoccupazione per Tartano. Le comunicazioni sono interrotte, come in molte altre parti della provincia; i ripristini verranno fatti con tempestività ma ci vorranno diversi giorni e 12 miliardi. Dall’ultimo volo dell’elicottero di Elitellina fermatosi, nonostante il tempo pessimo solo quando è venuto buio pesto, non si hanno più notizie.
PREFETTURA, COLONNA PER TARTANOI radioamatori hanno una 4x4, la Croce Rossa mette a disposizione un’ambulanza 4x4 e il geologo dr. Azzola – che con il dr. Tuia saranno due colonne dell’organizzazione di soccorso – ha il suo fuori-strada tutto fare. La mini-colonna parte. Pochi minuti dopo comunicano di non poter andare avanti perché la Statale è allagata. Girano per la provinciale Orobica. Pochi minuti dopo comunicano di non poter andare avanti perché la strada è allagata. Le radio tacciono. Passa il tempo, cresce il nervosismo. Siamo chinati sul ricevitore in un’ansiosa attesa. Nessuno dice niente ma con il cataclisma che c’è tutti cercano di pensare ad altro per non farsi venire pensieri tristi. Finalmente la radio gracchia. Male ma si riesce a captare che sono sui tornanti della strada per Tartano. Compare il dr. Fallica a vedere cosa è successo, a scoprire il perché di quelle urla. Liberatorie. E’ arrivato intanto l’assessore Calcinardi che terrà i collegamenti con il Comune di Sondrio ove ovviamente ci si sta preoccupando per i problemi del capoluogo, Non c’è Comune della provincia che sia chiuso, ma molti non rispondono perché i telefoni non funzionano. Qualche notizia arriva via CB.
La radio torna a farsi viva, questa volta in modo chiaro. La colonna è nei pressi dell’alto viadotto della Val Vicima. Una frana blocca la strada e lì è fermo anche un mezzo dei Vigili del Fuoco.. Chiediamo se è possibile che qualcuno passi su quella frana, illuminata dai VV.FF. per arrivare a piedi a Tartano ed avere notizie. Fattibile ma rischioso. Dalla radio però la notizia che si vede il lampeggiante dell’altro mezzo dei VV.FF., quello che è nella piazza di Tartano. Il problema è risolto in quanto da Tartano al viadotto si parla usando le radio dei due mezzi – che non riescono a comunicare con Sondrio - e poi i radioamatori in collegamento con la Prefettura fanno ponte. Si procede. Il medico informa che non ci sono feriti da ricovero d’urgenza. Preferisce evacuarli al chiaro con l’elicottero. Missione conclusa, la colonna riesce, sia pure con difficoltà, a rientrare. I telefoni sono bollenti. Naturalmente queste cose succedono infatti sempre nei momenti peggiori. Tresenda 1983 domenica mezzogiorno e mezzo circa. Ora il sabato pomeriggio e con quelli che servirebbero in ferie o sui monti. E così, per fare un solo esempio, capita di telefonare al Comune di Ponte per sapere dove ha la baita un certo funzionario. Lo sanno: a San Bernardo. Richiesta al Sindaco di mandare qualcuno a dirgli di scendere subito in Prefettura. E’ notte ma l’operazione riesce. Una delle tante. Tasselli apparentemente marginali, ma utilissimi a comporre il mosaico.
PREFETTURA. ARRIVA IL MINISTRO. A MORBEGNO. NO.
La tegola. Chiama il Ministero. Arriva il Ministro Zamberletti ma, dice Fallica, vogliono fare il centro operativo a Morbegno visto che non si può raggiungere Sondrio. “Li hanno informati male, richiamiamo”. Il dr. Fallica chiama e mi passa la comunicazione. “Occorre prendere la provinciale cosiddetta dei Cek, per Dazio, Civo e poi entrare in Valmasino al ponte del Baffo, scendendo su Ardenno e venendo in su per la Valeriana. Richiamano dopo dieci minuti per dire che il suggerimento è approvato. Intanto notizie sempre più drammatiche dappertutto. Si cerca il Presidente della Provincia e non lo si trova. Chiamo l’attuale Sindaco di Talamona Luzzi. La moglie dice che il marito con tutti gli uomini del paese è sul Roncaiola, - un torrente che scende per 6,6 km da quasi duemila metri -, per arginare la situazione. “Vada a chiamarlo, è urgente” e mi telefoni. Dopo un po’ chiama. “Arriva Zamberletti. Non trovo Marchini, fai un salto a Morbegno a cercarlo”. La risposta gela tutti: “i miei figli sono bloccati a Morbegno. Ci sono due metri d’acqua sulla strada”. Si insinua una sensazione che stia crollando. Ed ecco che arriva la peggiore delle notizie.
PREFETTURA. A SONDALO NON C’È PIÙ ACQUA NELL’ADDA!
Il Sindaco di Sondalo è allarmatissimo. Non arriva più acqua. L’alveo dell’Adda è in secca. E’ una cosa paurosa in quanto vuol dire che a monte c’è un tappo, un’ostruzione, del materiale che ha fatto diga. In molti ricordano l’8 agosto del 1951 quando sopra Gera Lario, paese sul lago vicino alla Valtellina, ci fu un tappo e il suo cedimento per via della pressione delle acque. 17 i morti e una larga striscia, forse 200 metri a memoria, fino al lago senza più nulla, interamente spianata. Il Sindaco dispone l’evacuazione della gente potenzialmente minacciata. Per fortuna il Presidente dell’Ospedale Morelli, Mescia, fiutata la situazione, aveva già disposto il giorno prima di attrezzare il quinto padiglione per accogliere eventuali evacuati. Ci andranno e poi anche i ricoverato della casa di Riposo di Grosotto. Comunque sia non si può fare nulla se non attendere le prime luci per capire la portata del guaio ed eventuali possibilità di intervento.
PREFETTURA. L’ARRIVO DEL MINISTRO ZAMBERLETTI
Arriva Zamberletti, amico da tempo, amatissimo in Valtellina e subito “Tartano?”. Lo aggiorno, chiamo Azzola e gli altri della spedizione che riferiscono. Lo informo dell’Adda in secca a Sondalo.  Il dr. Fallica sintetizza la situazione, nerissima.  Con il Ministro sono intanto arrivati il suo staff, in testa l’ing. Corbo, Comandante dei VV.FF. di Milano, a suo tempo Comandante provinciale a Sondrio, altri funzionari. E’ stato recuperato il Prefetto, dr, Piccolo. Passeggiava a Santa Margherita Ligure quando è arrivata una Volante che una volta chiestogli se era il Prefetto di Sondrio alla risposta affermativa lo hanno caricato in auto, senza mutare abito, e via per Sondrio. Recuperato a Morbegno anche il Presidente della Provincia rientrato da Carona su itinerari strani per poter passare impiegando sei ore.
L’ESERCITO. GLI ELICOTTERI
Il Ministro si attacca al telefono. sveglia il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito dicendogli che vuole tutte le forze disponibili. Brutte notizie. La risposta dopo qualche minuto è negativa. Le strade sono interrotte. “Venite per i passi alpini”. Interrotti anche quelli. “Forzare i passi!”, ma non è possibile. “Il Ministro delle disgrazie nazionali”, come amava definirsi si allunga sulla poltrona. E’ la prima volta, dice, che si trova nell’isolamento. Resta una via e gliela propongo: Chiavenna-Maloia-Bernina- Tirano. Occorre che il Ministero degli Esteri concordi la situazione con la Svizzera. Telefonata. Risposta negativa non per mancanza di volontà ma perché la situazione nella ecologicissima Svizzera, comprese strade e ferrovie, è uguale se non peggio della nostra. Il maltempo infatti ignora i confini di Stato e le qualificazioni ambientaliste dei territori.
Zamberletti richiama Roma e dice di volere tutti gli elicotteri disponibili. Arriveranno in breve tempo e svolgeranno un lavoro eccezionale. Capiterà che ad un certo momento ce ne saranno contemporaneamente in volo 65, con sensi unici lungo la Valle.
Ci vorrebbe un caffè, almeno triplo, ma il primo arriverà solo verso mezzogiorno. Alla prima luce il Ministro dà l’ordine di andare a vedere l’ostruzione dell’Adda. Con l’elicottero dell’Elitellina partono l’assessore regionale Forcellini e il geologo Azzola. Altra tegola: pochi minuti dopo arriva la comunicazione che sopra Tirano c’è un muro fittissimo di nubi che impedisce di andare oltre.
Per fortuna arriva la prima notizia positiva. E’ il Sindaco di Sondalo che informa che l’acqua ha ripreso a scorrere
nell’Adda, pericolo-tappo dissolto. Continua invece il bollettino dei crolli di ponti. Alla fine saranno dodici, tutti a trave appoggiata. Nessuno ad arco. Resiste persino quello ferroviario di Ardenno che è il più grande della rete ferroviaria italiana, fra l’altro costruito interamente in pietra. Destava preoccupazioni, si ventilava il rischio di un’interruzione della linea ferroviaria per mesi e mesi, ma quel ponte sorprenderà tutti. Solido e a prova di portata millenaria. Potenza dei ponti ad arco!
SI DELINEA L’ORGANIZZAZIONE
Comincia a delinearsi una organizzazione razionale mentre prosegue l’attività. Risolto il rischio Sondalo Zamberletti con Marchini va a Tartano. Il Presidente della Provincia arriverà con i capelli dritti per il comportamento degli elicotteristi. Prima in mezzo alle nubi, poi discesa nella piazza del paese con le pale del rotore che sfioravano le case. Ci vorrebbe un monumento a quei piloti che hanno volato persino oltre il rischio-guerra, lo standard massimo.
Alberto Frizziero
1) continua

Speciali